Qualche breve riflessione da qualcuno che è assolutamente convinto che ontologicamente è il “fuori” quello che esiste, che dentro non c’è più niente da troppo tempo, a parte strutture di partito autoreferenti i cui leaders sono espressione di quadri dirigenti compiacenti, così sganciati dal paese reale da essere completamente incapaci di progettare un percorso politico autentico, nel senso di comprensibile e condivisibile da parte dei cittadini.
Mi chiedo quante sconfitte politiche ed elettorali sarà necessario sopportare ancora prima che questo quadro dirigente capisca di avere fallito, comprenda che l’elettorato di cui aveva ereditato la guida non ne può più di polemiche sterili e di alchimie partitocratiche il cui unico fine, a tutt’oggi, è stato quello di rinviare un confronto diretto con le componenti di base, prima che decida, con vero senso di responsabilità, che è arrivato il momento di farsi da parte, di cercarsi un impiego diverso nel paese reale, quello di fuori, esattamente come chi non sa fare le polizze e si trova costretto a fare il barista.
Perché nel paese reale chi è incapace di fare il proprio lavoro è costretto a trovarsene un altro, oppure può andare a dormire per strada, fatta eccezione per chi gestisce il potere da una posizione di privilegio politico, che troppo spesso è anche economico e clientelare.
Al Gore ha perso per un pugno di voti, fraudolentemente sottratti, la corsa alla presidenza del più potente paese dell’intero pianeta, e si è fatto da parte senza troppe polemiche o recriminazioni.
Quando Veltroni ha perso le elezioni ha riproposto un “governo ombra” costituito dalle stesse persone guidate da Prodi, che il paese aveva scalzato di forza da Palazzo Chigi perché non ne poteva proprio più, e che l’elettorato dopo poco aveva irrimediabilmente bocciato.
Ed è rimasto al suo posto rivendicando per sé responsabilità e risultati elettorali.
Riflettere sulla debolezza della funzione di rappresentanza dei partiti avrebbe un senso in un sistema elettorale in cui l’elettore ha scelto il proprio rappresentante, ma suona stonato senza la possibilità di esprimere la preferenza. Le cosiddette primarie sono un fallimento, noi non siamo gli U.S.. Era meglio quando si stava “peggio”.
Ha un senso per chi governa da governatore, princeps legibus solutus, come il leader del partito di governo, che fondamentalmente è un’azienda alla guida del paese.
Voglio un PD senza Rutelli. Il cui unico merito è stato quello di metterci faccia al momento di perdere le elezioni e che, proprio per questo, è stato promosso alla guida della Margherita.
Voglio un PD senza Bersani, che ha legiferato in materia di lavoro per decreto.
Voglio un PD senza Padoa Schioppa che dichiara di essere orgoglioso di pagare le tasse perché evidentemente non ha problemi a sbarcare il lunario e non capisce che più che orgogliosa la maggior parte delle persone è angosciata e preoccupata.
Voglio un PD che smantelli un sistema universitario e di accesso al lavoro fondato sul censo e sulle clientele.
Voglio un PD laico.
Voglio un PD meno giustizialista, perché la Giustizia in Italia fa schifo.
Voglio un PD che faccia opposizione in Parlamento, piuttosto che da patetici governi ombra espressione di una sconfitta elettorale, sul tema dei diritti civili.
Voglio un PD sganciato dal PDL, che non sia appiattito sulla loro politica.
Voglio un PD che abbia il coraggio di fare veramente la guerra alla criminalità organizzata, allo stato dentro lo Stato.
Voglio un PD che rifletta seriamente sulla crisi pazzesca del sindacato (sganciato anche quello).
Mi fa orrore l’idea di passare una serata al “club”, “io non penso così, io non parlo così”, andavo in sezione quando i dirigenti avevano ancora il coraggio di presentarsi agli iscritti e dove si parlava di tutto e tutti potevano dire la loro opinione.
Voglio un PD che affronti seriamente il problema dei cambiamenti climatici.
Voglio un PD che affronti una volta per tutte il problema dei mezzi di comunicazione, delle concentrazioni e dell’informazione.
Voglio un PD capace di creare Cultura e di affrontare il disagio giovanile.
Credo che potrei continuare per un pezzo.
Penso che sia meglio passare attraverso una fase di improvvisazione per formare una nuova classe dirigente ed invertire la rotta, piuttosto che continuare così.
Servono volti nuovi.
lunedì 9 marzo 2009
ricevo (da un amico) e pubblico
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento